Favara – Quinto giorno senza sosta alla ricerca di Marianna Bello, 38 anni, trascinata via dall’ondata di acqua e fango durante il nubifragio del 1 ottobre. All’alba le squadre hanno ripreso le operazioni lungo il tracciato che conduce al depuratore di Favara: forze dell’ordine, vigili del fuoco, protezione civile e volontari, affiancati da parenti e amici della donna, stanno battendo a tappeto l’area più esposta agli effetti delle precipitazioni. Il cielo è nuvoloso, ma per ora regge: un fattore determinante per consentire il proseguimento delle attività in sicurezza.
Il perimetro di ricerca si concentra su una ventina di pozzi e sprofondamenti creati dal maltempo dei giorni scorsi. Le idrovore sono in azione per svuotare gli invasi, mentre due escavatori rimuovono strati di detriti e colate di fango che hanno ricoperto fossi e canalette. In supporto sono attesi i cani molecolari, già impiegati nelle precedenti giornate. Il coordinamento rimane centralizzato per evitare sovrapposizioni e orientare mezzi e personale verso i punti ritenuti più promettenti sulla base dei sopralluoghi e delle ultime segnalazioni.
Con il passare delle ore, e nonostante l’impegno instancabile di chi è sul campo, si affievoliscono le speranze di ritrovare Marianna in vita. Una consapevolezza dolorosa, che tuttavia non intacca la determinazione dei soccorritori né l’abbraccio silenzioso della comunità, presente con una rete di supporto fatta di cibo, acqua e sostegno ai familiari.
La giornata riparte anche dal disordine informativo seguito alla falsa notizia circolata ieri sul presunto ritrovamento. Quella “voce”, rilanciata sui social e via passaparola, ha prodotto attimi di comprensibile smarrimento. Una donna è stata denunciata per la diffusione della fake news e altre tre persone sono state identificate: rischiano provvedimenti. Le autorità invitano alla massima prudenza nella condivisione di informazioni non verificate, ricordando che gli aggiornamenti ufficiali arrivano esclusivamente dai canali istituzionali.
Sul terreno, l’obiettivo resta uno: ricostruire metro dopo metro il tragitto dell’acqua, svuotare pozzi, liberare tombini occlusi, sondare accumuli e sponde erose. È una corsa contro il tempo e contro la complessità di un territorio ferito dalle piogge, dove ogni nuova buca può celare una traccia. La speranza resiste, pur più flebile, e si traduce nel lavoro concreto di chi scava, pompa, ascolta i cani e controlla mappe e rilievi. In attesa di un segno, di una risposta, di un esito che restituisca almeno certezza a una famiglia e a un paese intero.

