AICA – Azienda Idrica Comuni Agrigentini – ha chiesto al presidente della Regione, Renato Schifani, una convocazione urgente per affrontare quella che definisce una crisi strutturale del servizio idrico provinciale. L’appello arriva dopo il no di Siciliacque alla proposta transattiva presentata il 24 settembre: un saldo e stralcio da 14,5 milioni di euro su un debito complessivo di circa 22 milioni, costruito secondo la formula conciliativa indicata dal giudice istruttore del Tribunale di Palermo nel dicembre 2024, con rate sostenibili e chiusura dei contenziosi.
Siciliacque ha respinto l’intesa e chiesto somme aggiuntive – interessi, spese legali e rivalutazioni – che AICA giudica insostenibili per un gestore pubblico che serve 33 comuni e oltre 250 mila cittadini. La presidente, Danila Nobile, parla di uno squilibrio che mette a rischio la tenuta dell’intero sistema: non si può, è la sua posizione, chiedere esborsi crescenti a un ente nato per tutelare l’utenza mentre le perdite di rete continuano a dissipare acqua e risorse economiche.
Nella richiesta alla Presidenza della Regione l’azienda elenca i nodi da sciogliere. Il primo riguarda l’acquedotto Favara di Burgio e i relativi pozzi, infrastrutture ubicate nel territorio agrigentino che AICA rivendica come patrimonio pubblico locale, oggi utilizzate da Siciliacque. Il secondo è la dispersione lungo le reti: oltre il 60% delle portate distribuite non raggiunge le abitazioni, con costi che restano a carico del gestore e un servizio percepito come inaffidabile dagli utenti. Terzo punto: la necessità di un piano straordinario regionale per rifare integralmente le condotte della provincia, abbandonando la logica delle riparazioni tampone a favore di una ricostruzione per lotti, tecnicamente coerente e finanziariamente sostenibile.
Per AICA la partita non è solo contabile. La proposta respinta avrebbe consentito di azzerare il contenzioso e liberare risorse di cassa per investimenti di rete; il rilancio di Siciliacque, invece, aprirebbe un fronte economico difficilmente gestibile da un soggetto pubblico locale già impegnato a garantire continuità di servizio in condizioni infrastrutturali fragili. Da qui l’invito a una “scelta politica” che restituisca al territorio il controllo delle infrastrutture, accompagni la realizzazione di nuove reti e garantisca il diritto all’acqua con standard minimi di qualità e continuità.
La convocazione chiesta a Palazzo d’Orléans include l’Assessorato regionale all’Energia, l’ATI AG9 e i vertici di Siciliacque, con l’obiettivo di sottoscrivere una soluzione condivisa che metta fine a una crisi divenuta, nelle parole di AICA, insostenibile per la gestione pubblica. In assenza di un accordo, l’azienda avverte che la combinazione tra oneri pregressi, perdite di rete e contenziosi pendenti rischia di comprimere manutenzioni, investimenti e qualità del servizio.
Il messaggio, in sostanza, è netto: serve una decisione di indirizzo che definisca proprietà e uso delle infrastrutture idriche, che riprogrammi il debito su basi compatibili con i bilanci di un gestore pubblico e che avvii un cantiere pluriennale di sostituzione delle reti. Solo così – sostiene AICA – si può passare dalla gestione dell’emergenza a una normalità fatta di acqua che arriva ai rubinetti e di costi allineati al reale servizio reso. La palla, ora, è al tavolo che la Regione è chiamata a convocare con urgenza.


