Farm Cultural Park – Favara, cittadina dell’immediato entroterra agrigentino, porta con sé una storia complessa, fatta di nobili fasti medievali (testimoniati dal possente Castello Chiaramontano), di un passato più recente legato all’economia mineraria dello zolfo, ma anche di decenni di difficoltà economiche, degrado urbano e una reputazione non sempre lusinghiera. Eppure, da oltre un decennio, Favara è balzata agli onori delle cronache internazionali non per i suoi problemi, ma per un esperimento audace e visionario che ha trasformato una parte del suo centro storico abbandonato in un vibrante centro d’arte contemporanea e rigenerazione sociale: il Farm Cultural Park.
La storia del Farm inizia nel 2010, quando Andrea Bartoli, notaio favarese con la passione per l’arte, e sua moglie Florinda Saieva, avvocato e designer, decidono di investire risorse proprie e una dose massiccia di coraggio in un progetto apparentemente folle: acquistare un nucleo di sette piccoli cortili (i “Sette Cortili”) nel cuore fatiscente del centro storico di Favara e trasformarli in un parco culturale dedicato all’arte contemporanea, all’architettura e all’innovazione sociale. L’area era in stato di semi-abbandono, con edifici pericolanti e spazi degradati.
Un aneddoto spesso raccontato dai fondatori riguarda lo scetticismo iniziale di molti concittadini, che non comprendevano perché investire in “pietre vecchie” in una zona considerata senza speranza. Ma Bartoli e Saieva erano mossi da una visione: dimostrare che la bellezza e la cultura potevano essere motori di cambiamento, capaci di restituire dignità a un luogo e speranza ai suoi abitanti.
Il Farm Cultural Park non è un museo tradizionale. È uno spazio aperto, diffuso, in continua evoluzione. Gli edifici recuperati, spesso con interventi architettonici audaci ma rispettosi del contesto, ospitano gallerie d’arte, residenze per artisti, spazi per workshop, installazioni site-specific, una scuola di architettura per bambini (“SOU”), aree ristoro e luoghi di incontro.
L’arte invade i vicoli, le piazze, i muri, dialogando con l’architettura tradizionale siciliana in un contrasto stimolante. Un dettaglio che colpisce visitando il Farm è proprio questa fusione tra antico e contemporaneo: un murales coloratissimo su una parete scrostata, un’installazione luminosa in un cortile secolare, un edificio moderno che si innesta con rispetto tra le case in pietra.
La Farm Cultural Park e il suo impatto sulla città
L’impatto del Farm su Favara è stato notevole e tangibile. Ha attratto artisti, architetti, curatori e turisti da tutto il mondo, trasformando la percezione della città. Ha stimolato la nascita di nuove attività ricettive e commerciali nel centro storico. Ma soprattutto, ha innescato un processo di riappropriazione degli spazi da parte degli stessi favaresi, in particolare dei giovani, che nel Farm trovano un luogo di ispirazione, creatività e aggregazione.
Un aspetto meno visibile ma fondamentale è il lavoro sociale svolto dal Farm, con progetti educativi rivolti ai bambini e iniziative volte a promuovere l’integrazione e la partecipazione attiva della comunità. Si racconta, ad esempio, di come i bambini della scuola SOU abbiano contribuito a progettare piccoli interventi di miglioramento urbano nel quartiere, sentendosi protagonisti della trasformazione della loro città.
Il Farm Cultural Park è diventato un caso di studio internazionale sulla rigenerazione urbana attraverso la cultura, citato da importanti testate e istituzioni. Ha dimostrato che è possibile invertire la tendenza allo spopolamento e al degrado dei centri minori del Sud Italia puntando sull’innovazione culturale e sul coinvolgimento della comunità. Non è un’oasi felice priva di sfide – la sostenibilità economica, il rapporto a volte complesso con il resto della città, la necessità di rinnovarsi continuamente – ma rappresenta una scommessa vinta, un esempio potente di come la visione e la determinazione di pochi possano generare un cambiamento profondo.
Visitare Favara oggi significa non solo scoprire il suo castello e le sue chiese, ma immergersi nell’energia contagiosa del Farm, un luogo dove il passato dialoga con il futuro e dove l’arte diventa strumento concreto per costruire una comunità migliore.