La Corte di assise di Agrigento, presieduta da Wilma Angela Mazzara, che lo scorso 31 gennaio lo ha condannato a 21 anni di reclusione, ha scarcerato – sostituendo la misura con i domiciliari col braccialetto elettronico – Gaetano Rampello, 59 anni, poliziotto in servizio al reparto mobile della Questura di Catania, che ha confessato l’omicidio del figlio ventiquattrenne Vincenzo. I giudici hanno accolto l’istanza del difensore, l’avvocato Daniela Posante, ritenuto che le esigenze cautelari si sono attenuate anche in ragione “dell’atteggiamento collaborativo che induce a escludere il rischio di fuga”.
Escluso anche il rischio di inquinamento probatorio. Rampello, secondo la sua stessa confessione, avrebbe esploso quatordici colpi della sua pistola di ordinanza contro il figlio violento e con problemi psichici che da anni lo picchiava e gli estorceva soldi. L’omicidio avvenne il primo febbraio dello scorso anno in piazza Progresso, a Raffadali, dove i due si erano dati appuntamento. “Gabriele questa mattina mi ha telefonato chiedendomi 30 euro, quando ci siamo incontrati, glieli ho dati, ma mi ha detto che ne voleva 50. Mi ha aggredito, e mi ha sfilato il portafogli. A quel punto ho avuto un corto circuito, e gli ho sparato non so quanti colpi”. Questa la testimonianza del Rampello che subito dopo l’omicidio decise di consegnarsi poi ai carabinieri della compagnia di Agrigento aspettandoli ad una fermata del bus.