Le indagini delle autorità continuano a fare luce sulla complessa rete criminale di Villaseta operante ad Agrigento e nella sua provincia. Stamattina, all’alba, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Agrigento, coordinati dal colonnello Vincenzo Bulla, hanno eseguito 22 nuove misure cautelari. Questi provvedimenti rappresentano un ulteriore capitolo nella lotta contro le famiglie mafiose di Villaseta e Porto Empedocle, già colpite un mese fa da un’operazione su larga scala.
Gli arrestati e i loro ruoli nel clan
Con l’azione odierna, il numero degli indagati nell’inchiesta sale a 52. Tra gli arrestati figurano nomi già noti alle forze dell’ordine e nuovi sospettati coinvolti nella gestione delle attività criminali, soprattutto legate al traffico di droga. Tra i soggetti colpiti dal provvedimento troviamo individui provenienti da diverse località della Sicilia, tra cui Agrigento, Canicattì, Gela, Favara e Porto Empedocle. Alcuni, come Pietro Capraro e Fabrizio Messina, ricoprirebbero ruoli di spicco all’interno delle cosche, mentre altri sono accusati di supportare logisticamente le attività illecite.
Ecco alcuni dei nomi più rilevanti:
- Pietro Capraro: ritenuto il leader della cosca di Villaseta, tornato operativo dopo anni di carcere.
- Fabrizio Messina: capo della famiglia mafiosa di Porto Empedocle e fratello del noto boss ergastolano Gerlandino Messina.
- Alessandro Mandracchia: custode dell’arsenale mafioso sequestrato a Villaseta.
L’elenco completo degli arrestati include persone di diverse fasce d’età, a conferma dell’ampiezza e della pervasività del sistema mafioso nella regione.
Gli sviluppi delle indagini
Le recenti misure cautelari seguono il fermo di trenta indagati eseguito quattro settimane fa. Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Palermo, hanno svelato una riorganizzazione interna delle cosche mafiose di Villaseta e Porto Empedocle. Secondo i procuratori aggiunti Sergio Demontis e i sostituti Claudio Camilleri, Giorgia Righi e Luisa Bettiol, le due famiglie stavano cercando di consolidare il controllo sul territorio.
Un aspetto cruciale dell’inchiesta riguarda il traffico di sostanze stupefacenti, che costituirebbe una delle principali fonti di finanziamento per le attività criminali. Alcuni degli arrestati, inizialmente ai domiciliari, sono ora stati trasferiti in carcere a causa dell’aggravamento delle accuse.
L’arsenale scoperto a Villaseta
Uno dei colpi più significativi messi a segno dai Carabinieri è stato il sequestro di un arsenale riconducibile al clan di Villaseta. In un casolare situato in contrada Fondacazzo, sono state rinvenute diverse armi da fuoco, tra cui pistole, un mitra, una penna pistola e persino una granata. Alessandro Mandracchia, ritenuto il custode dell’arsenale, è stato arrestato, mentre Luigi Prinzivalli, zio di Pietro Capraro, è stato denunciato dopo il ritrovamento di 80.000 euro in contanti durante una perquisizione.
Il traffico di droga: un business redditizio per le cosche
Il traffico di droga si conferma una delle attività più redditizie per le famiglie mafiose. Le indagini hanno rivelato un sistema organizzato che sfrutta una rete capillare di affiliati per la distribuzione di sostanze stupefacenti in tutta la provincia di Agrigento. I proventi di questa attività illecita sono stati utilizzati per finanziare altre operazioni criminali, oltre che per mantenere i membri delle cosche e le loro famiglie.
Tra gli arrestati, molti sarebbero coinvolti direttamente nella gestione del traffico, occupandosi del trasporto, della vendita al dettaglio e del recupero dei crediti legati al commercio di droga. Le forze dell’ordine ritengono che il giro d’affari generato da queste operazioni sia estremamente elevato, contribuendo a rafforzare il potere delle organizzazioni mafiose.
Il ruolo strategico delle famiglie di Villaseta e Porto Empedocle
Le famiglie mafiose di Villaseta e Porto Empedocle svolgono un ruolo chiave nello scenario criminale siciliano. Grazie alla loro posizione geografica, questi clan hanno accesso diretto a porti strategici utilizzati per il traffico internazionale di droga e armi. La loro influenza si estende non solo a livello locale, ma anche in altre regioni d’Italia.
Secondo gli inquirenti, il clan di Villaseta avrebbe stretto alleanze con altre cosche siciliane per consolidare il proprio controllo sul territorio. La famiglia di Porto Empedocle, invece, sarebbe più autonoma e concentrata su attività criminali come l’estorsione e il contrabbando.
La risposta delle istituzioni
L’operazione odierna rappresenta un passo importante nella lotta contro la mafia agrigentina. La collaborazione tra la Direzione Distrettuale Antimafia, i Carabinieri e le autorità locali ha dimostrato l’efficacia di un approccio coordinato e determinato. Tuttavia, le autorità sottolineano che la lotta contro le cosche è un processo lungo e complesso, che richiede risorse adeguate e un impegno costante.
Le recenti operazioni hanno anche messo in evidenza l’importanza di colpire non solo i vertici delle organizzazioni, ma anche i loro collaboratori e le reti logistiche. Solo in questo modo è possibile disarticolare completamente il sistema mafioso e prevenire il suo riformarsi.
Le 22 misure cautelari eseguite oggi segnano un nuovo capitolo nella lotta alla mafia in Sicilia. Le indagini hanno svelato una realtà complessa e inquietante, in cui le famiglie mafiose continuano a cercare di espandere la propria influenza attraverso il traffico di droga e altre attività criminali.
L’azione delle forze dell’ordine rappresenta un segnale forte di legalità e giustizia in una terra troppo spesso segnata dall’illegalità. Tuttavia, la battaglia è tutt’altro che conclusa: per contrastare efficacemente la mafia, è necessario il supporto di tutta la comunità, dalle istituzioni ai cittadini.